Insieme ai miei amici/compagni di viaggio siamo entrati in punta di piedi nella vita di un villaggio Maca ai margini della città di Asunción in Paraguay. I Maca hanno origini e identità distinte dai più famosi e numerosi nativi Guarani pur abitando le stesse pianure dalla notte dei tempi. Siamo rimasti nel villaggio (dalla mattina alla sera, dormivamo in città) per poco meno di due settimane. I rapporti sempre cortesi e cordiali: molti del mio gruppo parlavano la loro lingua e molti Maca parlavano lo spagnolo; abbiamo organizzato incontri e discussioni su temi di interesse comune. All’apparenza non c’erano ostacoli che impedissero il confronto e lo scambio. Ma conoscere, comunicare e capire sono tre termini combinabili (o incompatibili) nelle più diverse accezioni.
I rapporti gerarchici interni a ciascuno dei due gruppi (caucasici da un lato, nativi dall’altro) hanno di fatto impedito i rapporti diretti, individuali, tra i singoli individui. Parziale eccezione per i bambini che nel il gioco e con il gioco attraversano tutti i possibili diaframmi culturali. Risalta la differenza con il gioco degli adulti che unisce i partecipanti, ma tiene lontani gli altri. Anche un osservatore defilato, come potevo essere io, era chiara da subito la distinzione tra chi era ammesso e chi no. Non tutti gli abitanti del villaggio partecipavano o potevano partecipare. L’impressione è che solo una élite di uomini avessero accesso al rito. Poi ci sono le regole da condividere e le modalità di partecipazione. Per tutto il periodo nessuno di noi è mai stato invitato a partecipare, anche se guardavamo con curiosità lo svolgimento del gioco, cercando di intuirne le fasi, i significati, le conclusioni. I Maca si sono lasciati osservare, fotografare, riprendere, ma non hanno dato segno di voler condividere con noi le loro consuetudini, né di avere l’orgoglio di spiegare il significato di gesti e simbologie. Probabilmente noi non abbiamo trovato la chiave di ingresso o il giusto canale di comunicazione e loro non ce lo hanno offerto.
Il comportamento dei bambini va, come sempre, in tutt’altra direzione. Il gioco serve per conoscere sperimentalmente il mondo e gli altri, quindi anche gli estranei che circolano per il villaggio. I sorrisi, la mimica, la curiosità, il linguaggio del corpo rende i bambini Maca uguali a quelli incontrati in tante altre parti dell’Europa, dell’Africa, dell’Asia e dell’America. Gli adulti invece sono differenti tra loro a volte si mostrano aperti, accoglienti e interattivi, altre volte sono scontrosi e ostili, altre volte come a Asunción riservati e introversi. Ovviamente non sto parlando dei singoli per i quali tornano a valere le stesse considerazioni in tutte le parti del mondo, ma il gruppo, la collettività resta prigioniera del passato e fa fatica a cogliere le opportunità del presente.
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