Per appropriarsi di un paesaggio meglio girovagare senza una
meta precisa, passare e ripassare in uno stesso luogo, confrontare momenti e
punti di osservazione complementari. Le colline dell’entroterra marchigiano
sono segnate da strade che salgono e scendono, le ingabbiano in una ragnatela
di percorsi possibili, equivalenti. I centri urbani e i borghi rurali stanno
quasi sempre in alto, sulla sommità di colline e crinali. Lasciando le strade
più trafficate e gli agglomerati maggiori, il paesaggio coltivato si nasconde e
si disvela ad ogni curva, salita o albero.
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Le colline marchigiane sono comprese tra l’appennino a sud e
il mare a nord, sono poi segnate da una serie di fiumi e relative valli sempre
dirette da sud a nord. Il sali e scendi delle strade si fa più accentuato verso
l’appenino e più dolce verso il mare. E il verso nel quale si procede cambia il
tipo di panorama che di tanto in tanto si apre alla vista: il profilo dei monti
più alti se si va verso sud, la pianura costiera e il mare se si va verso nord.
Al di la degli scorci panoramici, che pure giustificano la
passeggiata, il paesaggio marchigiano è prima di tutto disegnato
dall’agricoltura. I campi circoscritti da alberi e fossi entrano in dialettica
con la morfologia delle colline generando una infinità di forme diverse. Per
chi, come me ha memoria dello stesso paesaggio negli anni ’50, qualche
rimpianto limita il piacere della vista. Una volta il disegno rasentava il
merletto, rispetto a quello di oggi più dilatato e marcato. Prima le pendici
erano terrazzate, i campi erano scanditi dai filari di viti e alberi da frutto,
il confine tra coltivato e incolto era sfumato, poco evidente. Oggi è evidente
il contrasto tra arato o seminato da una parte e macchia mediterranea
dall’altro. Con una analogia pittorica, il paesaggio agricolo del secondo
dopoguerra rimanda all’importanza del dettaglio nei Preraffaelliti, mentre
quello odierno ha maggiori assonanze con le campiture dei Postimpressionisti.
Nel preparare la visita o la passeggiata c’è anche da
considerare la mutevolezza di ogni paesaggio, e di quello agricolo in
particolare, per quanto riguarda la stagione dell’anno, le condizioni
atmosferiche, l’ora del giorno, nonché la distanza che va dal molto lontano
(panorama ampio), al rapporto tra primo e secondo piano (quinta di alberi), al
molto vicino (fronde o foglie).
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