lunedì 19 novembre 2012

Turchia - Le scatole d’argento comprate in Cappadocia

boxes bought in cappadocia between travel memories
silver box with embossed decoration of Cappadocia
Tra i ricordi familiari esposti sui ripiani della libreria, le due piccole scatole d’argento meritano un racconto. Le ha trovate Teresa in Cappadocia nel piazzale di ingresso a un insediamento ipogeo (un tipo di architettura che è difficile memorizzare perché fa perdere il senso dell’orientamento). A Derincuyu su una bancarella improvvisata ai margini di uno spiazzo polveroso tra semplici case in costruzione, Teresa ha cominciato a contrattare con un ragazzo che non si capacitava per un acquisto di oltre 20 pezzi da 2.000 lire ciascuno: le scatole sarebbero servite come regalini per personalizzare la cena di Natale con i parenti.

Le emergenze paesaggistiche in Cappadocia sono estranianti rispetto agli attuali abitanti in quanto luoghi desertici (quando non totalmente falsificati). Sono anche luoghi quasi senza vegetazione o animali. Forse per contrappunto i pochi episodi di scambio sono più vividi.
Nel nostro mondo dominato dalla pubblicità, gli oggetti devono apparire senza anomalie e perfettamente rifiniti. Di fronte alle scatole in questione il consumatore consumista tende a considerarle un prodotto di scarto. A prima vista possono apparire ammaccate, raffazzonate, prive di una vera identità.
Guardandole con calma da vicino, un primo motivo di curiosità riguarda la asimmetria di tutte e due le decorazioni che non sembrano pensate per le relative scatole. Più probabile che i pezzi di lamiera sbalzata costituiscano una sorta di riciclo: parti di altri oggetti, forse rotti o danneggiati, che diventano la decorazione, l’arricchimento di oggetti più poveri o meno pretenziosi. Le saldature approssimative, piene di sbavature e non dissimulate ne offrono la conferma.
Anche la soluzione adottata per la cerniera parla di artigiani abituati alla autosufficienza, a risolvere i problemi con quello che si trova a bottega.
La stessa concezione delle scatole con due fogli ritagliati per il sopra ed il sotto saldati a due bordi sagomati fa pensare ad una sorta di ingenuità preindustriale. Senza contro sagome o linee di produzione la forma nasce dai gesti, dal contatto diretto con il materiale e gli utensili: fornace, pinze, martelli, incudine, cesoie, saldatrice, scalpelli.
Entrando in maggiore dettaglio la materialità della lamiera d’argento rende visibile l’azione di abili mani.
Basta guardare la lavorazione a sbalzo della parte superiore. L’esecuzione non può dirsi impeccabile. Eppure la foglia e la goccia di una prima scatola, ottenute a rilievo, mostrano facilità e maestria nella sbozzatura e finitura del disegno. Il festone dell’altra appare forse più stilizzato o sbrigativo. In tutti e due i casi pochi colpi decisi e rapidi per un bassorilievo che prende subito vita senza debordare nelle finiture di maniera.
Come di consueto con i metalli malleabili il lavoro a sbalzo della lamiera comincia al rovescio e il rilievo è ottenuto per negativo. L’artigiano batte la lamiera con mazza e scalpelli arrotondati dal di dietro del disegno sopra uno strato di pece o cera che cede al rigonfiarsi della lamiera. Poi il lavoro di finitura serve ad evidenziare le sagome: l’artigiano accentua l’effetto profondità battendo la stessa lamiera dal davanti con scalpelli più sottili lungo i bordi della figura a rilievo.

Le due piccole scatole raccontano un mondo artigianale come quello incontrato a Urfa (vedi il post del 4 novembre 2012). Allora il viaggio diventa la mediazione tra mondi e culture, gli acquisti la documentazione dell’avvenuto contatto.

Nessun commento:

Posta un commento