Una
strada di 3.500 chilometri (che teoricamente prosegue per altri 15.000 km) è
difficile da immaginare. Se si aggiungono le immagini letterarie e
cinematografiche che questa strada ha suggerito, si entra direttamente nella
leggenda. I modi di percorrere questo itinerario sono quindi tanti: a partire
dalla preminenza attribuita agli aspetti geologici e orografici, con le annesse
valenze naturalistiche, passando per gli aspetti storici e culturali, per
finire alle implicazioni sociali e politiche.
A
lungo una meta come la Ruta 40 mi è sembrata irraggiungibile. Anche quando ne
ho percorso brevi tratti mi confermavo nella impossibilità di percorrerla per
mancanza di tempo, di informazione o di organizzazione. Poi ho cominciato ha
mettere insieme i pezzi: l’avevo attraversata o percorsa in un paio di punti
intermedi e avevo visitato le estremità. L’idea di ricucire il tutto è allora
entrato nei miei progetti.
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la ruta 40 |
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1º tappa |
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2º tappa |
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3º tappa |
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4º tappa |
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5º tappa |
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6º tappa |
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7º tappa |
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Il
solo percorrere la
Ruta 40 è di per sé impresa non particolarmente
impegnativa. In moto o in macchina bastano in teoria 3 giorni senza fermarsi
mai, una settimana, se le soste sono ridotte al minimo. I bus locali offrono un
altro modo, forse più comodo, per percorrerla. Alcune tratte possono essere
affrontate di notte a bordo degli autobus che offrono la cama o la super cama,
dove si dorme particolarmente bene. La ricettività argentina mi ha sempre
soddisfatto, anche perché il cambio favorevole rende disponibili buone
sistemazioni a prezzi convenienti. Leggermente più cari gli alberghi, mentre
gli hostels, più giovanili e informali, offrono una camera doppia a 15 o 20 €
(tariffa da considerare valida lungo tutto l’itinerario). Due le avvertenze:
contrattare con chiarezza il prezzo prima di utilizzare il servizio; prenotare
prima per mail o con le pagine web soprattutto nei borghi più piccoli dove gli
esercizi ricettivi sono pochi. Ad esempio per gli hostels nei i centri urbani
più grandi e nelle località turistiche più frequentate basta fare riferimento a
un paio di siti come
http://www.hostels.com/it/ e
http://www.hostelbookers.com/hostels/argentina/.
Per i borghi più piccoli occorre un passaggio intermedio per trovare gli
indirizzi da contattare visitando le pagine di
http://www.welcomeargentina.com/
e
http://www.argentinaturismo.com.ar/.
La
questione aperta sono le cose da vedere che lungo il tragitto non solo sono
numerose ma possono essere particolarmente impegnative, tanto da richiedere
tempi anche più lunghi del semplice tragitto. Basta pensare alle mete
alpinistiche che a partire dalla Patagonia per arrivare alla zona vulcanica
centrale si susseguono lungo tutta la Cordillera de los Andes. Limitandoci agli
interessi di un turismo itinerante, molte vette fanno parte del paesaggio,
restano lontane; basta accontentarsi del fatto che le cime si lasciano
riconoscere e osservare dai frequenti punti panoramici. Un tempo appropriato
per vedere quanto l’itinerario offre, per apprezzarlo cogliendo le differenze
tra i luoghi, richiede tra le 3 e le 4 settimane.
Immaginiamo
di cominciare l’itinerario vero a proprio a
Rio Gallegos dopo il volo di andata
da Buenos Aires. Prima tappa di circa 300 km per arrivare a
El Calafate, un
centro turistico di sviluppo recente pieno di alberghi, ostelli e ristoranti,
dove domina uno stile pseudo vernacolare o rustico tutto sommato piacevole. Si
può arrivare con l’aereo direttamente a El Calafate risparmiando 4 ore di bus,
ma così si perde l’ingresso nella o della
Patagonia che va calpestata,
percorsa. I due o tre giorni successivi vanno dedicati alla visita de
los
glaciares: un giorno per l’escursione dalla terra ferma al Perito Moreno (con
eventuale camminata sul ghiacciaio); un giorno la gita in barca sul Lago Argentino
per osservare i ghiacciai Regazzini e Upsala.
Ora inizia
l’attraversamento della Patagonia verso nord (seconda tappa, la parte meridionale) dove per
decine e decine di chilometri non si incontrano tracce dell’uomo. Lo spettacolo
al quale prepararsi mentalmente riguarda una natura non amichevole; non ci sono
pericoli o condizioni estreme, ma il tutto è incredibilmente lontano, grande,
selvaggio e vuoto: la sensazione dell’infinito, dove tutte le mete appaiono
irraggiungibili. Dopo un primo tratto di circa 400 km, obbligatoria una sosta
nel borgo
Perito Moreno (da non confondere con il ghiacciaio omonimo) vicino al
lago Buenos Aires. Di qui parte l’escursione per
Las Cuevas de las Manos: grotte
con pitture rupestri di circa 10.000 anni cui si accede dopo una camminata di
2,5 km lungo il Rio Pinturas.
Il
tratto successivo patagonico di circa 650 km (terza e quarta tappa) inizia con il terreno pianeggiante
della pampa a destra e la cresta delle montagne a sinistra, ma finisce entrando
in una grande valle tra la
Cordillera e la pre-
Cordillera de los Andes. Il
paesaggio diventa quello montano al quale siamo abituati da bravi Europei con
le conifere, i ruscelli e una sequenza di laghi spettacolari. La sosta a
El Bolsón segna il passaggio tra i due ecosistemi. La grande scenografia andina ci
accompagna fino a Bariloce: un tratto da assaporare più che attraversare di
fretta prima di reimmergersi nella durezza della pampa. Ne
I diari della motocicletta (o meglio nelle
Notas de viaje: Lationoamericana) Ernesto Guevara e Alberto Granado percorrono nella direzione inversa questa parte dell’itinerario, prima di lasciare l’Argentina e proseguire il loro viaggio in Cile.
Restando
sulla
Ruta 40 dopo le province di Santa Cruz, Chubut e Rio Negro, si entra
nella provincia di Neuquén, fino ad arrivare a
Zapala, un piccolo centro
ordinato, con tanto di aeroporto e ovviamente alberghi e ristoranti. Per memoria è bene ricordare che sempre in questa area Bruce Chatwin andava alla ricerca delle tracce di dinosauro nel suo romanzo
In Patagonia. Meglio
però proseguire (quinta tappa), magari dopo una sosta di un giorno, fino a
Chos Malal più a
ridosso delle emergenze naturalistiche da visitare con attenzione. Di qui
affittare una macchina possibilmente con autista è la cosa migliore, per chi
come me non viaggia per guidare un mezzo di trasporto, ma usa i mezzi per
viaggiare senza affrontare eccessivi disagi.
I successivi 250 km (sesta tappa) sono pieni di emergenze
geologiche e paleontologiche, anche se bisogna affrontare 130 km senza asfalto.
Il paesaggio cambia. Ora si entra in una serie di valli, grandi e piccole, con
formazioni montuose e coni vulcanici su tutti e due i lati della strada. Si
comincia con formazioni del triassico e del giurassico, coralli fossili, orme e
resti di dinosauro. Poi i grandi coni vulcanici si avvicinano sino al bordo
della strada. Alla base delle montagne lagune vulcaniche, saline e tronchi
pietrificati. In una giornata intensa, coadiuvati da un valido autista, calibrando
le soste e le piccole deviazioni, bisogna riuscire a raggiungere
Malargüe, perché
i posti dove cercare una sistemazione per la notte sono decisamente pochi, solo
qualche area attrezzata per il campeggio o ricoveri di fortuna.
Altro
breve tragitto per raggiungere
Mendoza (settima tappa), la città famosa per il vino e le
cantine. Una città piacevole e accogliente che diventa una interessante meta di
viaggio se si ha la fortuna di conoscere anche una sola persona. Basta anche un
solo punto di ingresso per entrare in contatto con una realtà tanto simile a
quella europea eppure tanto diversa. Escursione obbligatoria all’Aconcagua con
macchina in affitto. Ma la tappa di Mendoza serve a interrompere il viaggio,
una sorta di camera di calma per recuperare energie e voglia di scoprire luoghi
e cose.
Nuovo
lungo tratto di 900 km sempre in parallelo alla Cordillera per raggiungere
l’estremo settentrionale della Routa 40. Anche nell’attraversamento delle
province di San Juan, La Rioja e Catamarca si lambiscono formazioni geologiche di
grande interesse. Ovviamente il numero di soste, che si possono fare tanto in
questa quanto nelle tappe precedenti, dipende dal tempo a disposizione. Resta
disponibile l’alternativa di prendere un bus con super cama e raggiungere la
puna jujeña in 18 ore. Altrimenti continuando, o meglio tornando, sulla Routa 40
due o tre tappe tra formazioni geologiche e ecosistemi a dir poco sorprendenti.
Prima (o meglio nona tappa) la pre-cordillera fino a
Cafayate, dove va prevista la sosta per la
notte. Poi (decima tappa) verso
San Antonio de los Cobres altro tragitto nel quale immergersi
oltre il semplice attraversamento.
La
parte conclusiva del viaggio (undicesima tappa) interessa un’area che spesso e volentieri viaggia
al di sopra dei 4.000 metri. Oltre a nuove formazioni geologiche spettacolari
(quebrada de Humahuaca), con monti colorati (Purmamarca), la puna è un
ecosistema con un suo clima, le sue forme di vita e le sue modalità di
sopravvivenza. Diventa importante riconoscere che gli abitanti sono diversi da
quelli incontrati in pianura. Ora i nativi sono nettamente in maggioranza e
hanno mantenuto molti dei loro tratti distintivi. I mercatini e le bancarelle
diventano una esposizione dell’artigianato andino che lega il nord
dell’Argentina con la Bolivia e il Perù.
L’area
va girata un po’ in tutte le direzioni, assumendo come base la baricentrica
Tilcara (molti preferiscono fermarsi a Salta che è un centro più grande e
organizzato che, però, è al bordo sud dell’area da visitare) da dove muoversi
con una macchina affittata a Salta o a San Salvador de Jujuy. Quando i giorni a
disposizione sono finiti, non resta che affrontare il viaggio di ritorno (aereo
da Salta a Buenos Aires). Una alternativa da grandi viaggiatori sarebbe quella
di partire da qui per un nuovo itinerario avendo a disposizione due direzioni:
ad ovest il deserto di Atacama in Chile che arriva alla costa sul Pacifico dove
corre un’altra strada che prosegue a nord attraversando il Perù, oppure torna a
sud fino all’estremo della Patagonia questa volta cilena; a nord si entra e si
attraversa la Bolivia, poi volendo il Perù, l’Equador in un viaggio che
potrebbe non finire mai.
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