giovedì 15 novembre 2012

Argentina – La Ruta 40 tra leggenda e realtà

Una strada di 3.500 chilometri (che teoricamente prosegue per altri 15.000 km) è difficile da immaginare. Se si aggiungono le immagini letterarie e cinematografiche che questa strada ha suggerito, si entra direttamente nella leggenda. I modi di percorrere questo itinerario sono quindi tanti: a partire dalla preminenza attribuita agli aspetti geologici e orografici, con le annesse valenze naturalistiche, passando per gli aspetti storici e culturali, per finire alle implicazioni sociali e politiche.
A lungo una meta come la Ruta 40 mi è sembrata irraggiungibile. Anche quando ne ho percorso brevi tratti mi confermavo nella impossibilità di percorrerla per mancanza di tempo, di informazione o di organizzazione. Poi ho cominciato ha mettere insieme i pezzi: l’avevo attraversata o percorsa in un paio di punti intermedi e avevo visitato le estremità. L’idea di ricucire il tutto è allora entrato nei miei progetti.
la ruta 40
1º tappa
2º tappa
3º tappa
4º tappa
5º tappa
6º tappa
7º tappa
8 tappa
9º tappa
10º tappa
11º tappa

Il solo percorrere la Ruta 40 è di per sé impresa non particolarmente impegnativa. In moto o in macchina bastano in teoria 3 giorni senza fermarsi mai, una settimana, se le soste sono ridotte al minimo. I bus locali offrono un altro modo, forse più comodo, per percorrerla. Alcune tratte possono essere affrontate di notte a bordo degli autobus che offrono la cama o la super cama, dove si dorme particolarmente bene. La ricettività argentina mi ha sempre soddisfatto, anche perché il cambio favorevole rende disponibili buone sistemazioni a prezzi convenienti. Leggermente più cari gli alberghi, mentre gli hostels, più giovanili e informali, offrono una camera doppia a 15 o 20 € (tariffa da considerare valida lungo tutto l’itinerario). Due le avvertenze: contrattare con chiarezza il prezzo prima di utilizzare il servizio; prenotare prima per mail o con le pagine web soprattutto nei borghi più piccoli dove gli esercizi ricettivi sono pochi. Ad esempio per gli hostels nei i centri urbani più grandi e nelle località turistiche più frequentate basta fare riferimento a un paio di siti come http://www.hostels.com/it/ e http://www.hostelbookers.com/hostels/argentina/. Per i borghi più piccoli occorre un passaggio intermedio per trovare gli indirizzi da contattare visitando le pagine di http://www.welcomeargentina.com/ e http://www.argentinaturismo.com.ar/.
La questione aperta sono le cose da vedere che lungo il tragitto non solo sono numerose ma possono essere particolarmente impegnative, tanto da richiedere tempi anche più lunghi del semplice tragitto. Basta pensare alle mete alpinistiche che a partire dalla Patagonia per arrivare alla zona vulcanica centrale si susseguono lungo tutta la Cordillera de los Andes. Limitandoci agli interessi di un turismo itinerante, molte vette fanno parte del paesaggio, restano lontane; basta accontentarsi del fatto che le cime si lasciano riconoscere e osservare dai frequenti punti panoramici. Un tempo appropriato per vedere quanto l’itinerario offre, per apprezzarlo cogliendo le differenze tra i luoghi, richiede tra le 3 e le 4 settimane.
Immaginiamo di cominciare l’itinerario vero a proprio a Rio Gallegos dopo il volo di andata da Buenos Aires. Prima tappa di circa 300 km per arrivare a El Calafate, un centro turistico di sviluppo recente pieno di alberghi, ostelli e ristoranti, dove domina uno stile pseudo vernacolare o rustico tutto sommato piacevole. Si può arrivare con l’aereo direttamente a El Calafate risparmiando 4 ore di bus, ma così si perde l’ingresso nella o della Patagonia che va calpestata, percorsa. I due o tre giorni successivi vanno dedicati alla visita de los glaciares: un giorno per l’escursione dalla terra ferma al Perito Moreno (con eventuale camminata sul ghiacciaio); un giorno la gita in barca sul Lago Argentino per osservare i ghiacciai Regazzini e Upsala.
Ora inizia l’attraversamento della Patagonia verso nord (seconda tappa, la parte meridionale) dove per decine e decine di chilometri non si incontrano tracce dell’uomo. Lo spettacolo al quale prepararsi mentalmente riguarda una natura non amichevole; non ci sono pericoli o condizioni estreme, ma il tutto è incredibilmente lontano, grande, selvaggio e vuoto: la sensazione dell’infinito, dove tutte le mete appaiono irraggiungibili. Dopo un primo tratto di circa 400 km, obbligatoria una sosta nel borgo Perito Moreno (da non confondere con il ghiacciaio omonimo) vicino al lago Buenos Aires. Di qui parte l’escursione per Las Cuevas de las Manos: grotte con pitture rupestri di circa 10.000 anni cui si accede dopo una camminata di 2,5 km lungo il Rio Pinturas.
Il tratto successivo patagonico di circa 650 km (terza e quarta tappa) inizia con il terreno pianeggiante della pampa a destra e la cresta delle montagne a sinistra, ma finisce entrando in una grande valle tra la Cordillera e la pre-Cordillera de los Andes. Il paesaggio diventa quello montano al quale siamo abituati da bravi Europei con le conifere, i ruscelli e una sequenza di laghi spettacolari. La sosta a El Bolsón segna il passaggio tra i due ecosistemi. La grande scenografia andina ci accompagna fino a Bariloce: un tratto da assaporare più che attraversare di fretta prima di reimmergersi nella durezza della pampa. Ne I diari della motocicletta (o meglio nelle Notas de viaje: Lationoamericana) Ernesto Guevara e Alberto Granado percorrono nella direzione inversa questa parte dell’itinerario, prima di lasciare l’Argentina e proseguire il loro viaggio in Cile.
Restando sulla Ruta 40 dopo le province di Santa Cruz, Chubut e Rio Negro, si entra nella provincia di Neuquén, fino ad arrivare a Zapala, un piccolo centro ordinato, con tanto di aeroporto e ovviamente alberghi e ristoranti. Per memoria è bene ricordare che sempre in questa area Bruce Chatwin andava alla ricerca delle tracce di dinosauro nel suo romanzo In Patagonia. Meglio però proseguire (quinta tappa), magari dopo una sosta di un giorno, fino a Chos Malal più a ridosso delle emergenze naturalistiche da visitare con attenzione. Di qui affittare una macchina possibilmente con autista è la cosa migliore, per chi come me non viaggia per guidare un mezzo di trasporto, ma usa i mezzi per viaggiare senza affrontare eccessivi disagi.
 I successivi 250 km (sesta tappa) sono pieni di emergenze geologiche e paleontologiche, anche se bisogna affrontare 130 km senza asfalto. Il paesaggio cambia. Ora si entra in una serie di valli, grandi e piccole, con formazioni montuose e coni vulcanici su tutti e due i lati della strada. Si comincia con formazioni del triassico e del giurassico, coralli fossili, orme e resti di dinosauro. Poi i grandi coni vulcanici si avvicinano sino al bordo della strada. Alla base delle montagne lagune vulcaniche, saline e tronchi pietrificati. In una giornata intensa, coadiuvati da un valido autista, calibrando le soste e le piccole deviazioni, bisogna riuscire a raggiungere Malargüe, perché i posti dove cercare una sistemazione per la notte sono decisamente pochi, solo qualche area attrezzata per il campeggio o ricoveri di fortuna.
Altro breve tragitto per raggiungere Mendoza (settima tappa), la città famosa per il vino e le cantine. Una città piacevole e accogliente che diventa una interessante meta di viaggio se si ha la fortuna di conoscere anche una sola persona. Basta anche un solo punto di ingresso per entrare in contatto con una realtà tanto simile a quella europea eppure tanto diversa. Escursione obbligatoria all’Aconcagua con macchina in affitto. Ma la tappa di Mendoza serve a interrompere il viaggio, una sorta di camera di calma per recuperare energie e voglia di scoprire luoghi e cose.
Con uno spostamento di circa 350 km sufficientemente agevole (ottava tappa, 6 ore di bus o 4 di macchina) si arriva a San Augustin de Valle Fertil, punto privilegiato per le escursioni guidate ai due parchi archeologici di Ischigualasto (oggetto di due precedenti post: http://viaggiatoretrasparente.blogspot.it/2012/10/la-percezione-del-nulla-ischigualasto.html e http://viaggiatoretrasparente.blogspot.it/2012/10/il-parco-geologico-di-ischigualasto-in.html) e Talampaya.
Nuovo lungo tratto di 900 km sempre in parallelo alla Cordillera per raggiungere l’estremo settentrionale della Routa 40. Anche nell’attraversamento delle province di San Juan, La Rioja e Catamarca si lambiscono formazioni geologiche di grande interesse. Ovviamente il numero di soste, che si possono fare tanto in questa quanto nelle tappe precedenti, dipende dal tempo a disposizione. Resta disponibile l’alternativa di prendere un bus con super cama e raggiungere la puna jujeña in 18 ore. Altrimenti continuando, o meglio tornando, sulla Routa 40 due o tre tappe tra formazioni geologiche e ecosistemi a dir poco sorprendenti. Prima (o meglio nona tappa) la pre-cordillera fino a Cafayate, dove va prevista la sosta per la notte. Poi (decima tappa) verso San Antonio de los Cobres altro tragitto nel quale immergersi oltre il semplice attraversamento.
La parte conclusiva del viaggio (undicesima tappa) interessa un’area che spesso e volentieri viaggia al di sopra dei 4.000 metri. Oltre a nuove formazioni geologiche spettacolari (quebrada de Humahuaca), con monti colorati (Purmamarca), la puna è un ecosistema con un suo clima, le sue forme di vita e le sue modalità di sopravvivenza. Diventa importante riconoscere che gli abitanti sono diversi da quelli incontrati in pianura. Ora i nativi sono nettamente in maggioranza e hanno mantenuto molti dei loro tratti distintivi. I mercatini e le bancarelle diventano una esposizione dell’artigianato andino che lega il nord dell’Argentina con la Bolivia e il Perù.
L’area va girata un po’ in tutte le direzioni, assumendo come base la baricentrica Tilcara (molti preferiscono fermarsi a Salta che è un centro più grande e organizzato che, però, è al bordo sud dell’area da visitare) da dove muoversi con una macchina affittata a Salta o a San Salvador de Jujuy. Quando i giorni a disposizione sono finiti, non resta che affrontare il viaggio di ritorno (aereo da Salta a Buenos Aires). Una alternativa da grandi viaggiatori sarebbe quella di partire da qui per un nuovo itinerario avendo a disposizione due direzioni: ad ovest il deserto di Atacama in Chile che arriva alla costa sul Pacifico dove corre un’altra strada che prosegue a nord attraversando il Perù, oppure torna a sud fino all’estremo della Patagonia questa volta cilena; a nord si entra e si attraversa la Bolivia, poi volendo il Perù, l’Equador in un viaggio che potrebbe non finire mai.


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