“Butter Ball” |
La prima volta che ho visitato il sito archeologico di Mamallapuram ero troppo
condizionato da un approccio modernista per cogliere il significato, per
entrare in sintonia con il luogo. Questa volta invece mi sono dato il tempo di
capire. In particolare la o le chiavi di lettura della grande collina granitica
con le cosiddette grotte dovevano venire da dentro, emergere progressivamente
dalla visita ovvero dalla relazione anche fisica e non solo visiva o
intellettuale con le cose.
Il posto è intrinsecamente disordinato e non esiste una sequenza, un percorso che valorizzi gli aspetti principali. Si arriva e c’è subito qualcosa che attrae l’attenzione: la grande parete decorata della Arjuna’s Penance con gli elefanti a rilievo, ad esempio,
è proprio sulla strada davanti al parcheggio dei taxi. Poi si attraversano
prati o spazi più ampi che proseguono in sentieri irregolari appena tracciati
tra rocce e alberi. Aggirata una roccia appare un tempio scolpito che ha dato
forma all’intera roccia emergente dal terreno. Più avanti invece lo scavo ha
riguardato solo la base della roccia ed il tempio assume una conformazione più
simile ad una grotta che a un edificio.
I sentieri salgono e scendono in continuazione. A volte arrivi dell’alto, altre
volte dal basso e questo incide sulle dimensioni apparenti delle cose che
incontri. Alcune grotte appaiono più piccole di quello che sono altre appaiono
più monumentali.
Tra le grotte o templi alberi, ombra, venditrici di frutta che ti sorridono non
tanto se compri ma soprattutto se le fotografi. Nelle zone alberate o
ombreggiate gruppi di macachi che giocano (guarda il post), chiedono cibo, non sanno se
avvicinarsi o scappare. Tutti i visitatori girano in modo casuale rendendosi
disponibili all’incontro, al saluto, alla condivisione dell’esperienza.
Gli stranieri (me compreso) appaiono catturati dagli aspetti artistici o
architettonici; guardano da lontano e da vicino prima l’insieme poi i dettagli
di ogni singolo tempio. Gli indiani sono ovviamente rispettosi delle
implicazioni religiose e distinguono istintivamente le varie divinità e i riti
ad esse appropriati. Ma camminano in modo rilassato, non sentono minimamente la
soggezione per un sito archeologico di rilevanza mondiale. Ne conoscono
benissimo il valore, ne sono orgogliosi e se ne appropriano senza alterarlo e
tanto meno danneggiarlo. Ne fanno parte come ne fanno parte gli alberi, le
scimmie e gli stessi templi scavati e decorati.Alla fine sono riuscito a capire che il connettivo della visita non erano le singole architetture o sculture, nessun disegno
complessivo, nessuna gerarchia. Eppure tutto si tiene; il luogo ti comunica
subito una identità precisa: la grande collina di granito con i suoi alberi e i
suoi prati che protegge o nasconde le grotte, i templi e le sculture.
Le stesse decorazioni o le tante storie scolpite si adattano alle rocce, mescolandosi nelle forme e nelle dimensioni. Al luogo, al paesaggio, alla natura il compito di restituire unitarietà ai numerosissimi atti di devozione che nel corso del tempo hanno lasciato sulle rocce i segni non solo della mitologia ma anche della quotidianità.
Le stesse decorazioni o le tante storie scolpite si adattano alle rocce, mescolandosi nelle forme e nelle dimensioni. Al luogo, al paesaggio, alla natura il compito di restituire unitarietà ai numerosissimi atti di devozione che nel corso del tempo hanno lasciato sulle rocce i segni non solo della mitologia ma anche della quotidianità.
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