Il
pulmino della visita guidata a Ischigualasto (prenotata a San Agustín de ValleFértil presso il Centro Cultural Pachamalui) arriva su una terrazza naturale
che guarda dall’alto il percorso a piedi. L’area del parco geologico è
racchiusa in una sorta di valle, giustappunto chiamata la Valle della Luna, che
si sviluppa in direzione nord-nord-ovest.
L’inizio
della visita a piedi è quindi in lieve discesa e si addentra in fantastiche
formazioni, che ciascuno immagina scolpite dalla pioggia, dal vento o
dall’acqua. Il colore prevalente delle rocce è un grigio chiaro che richiama
molto quello della luna piena e che spiega il nome attribuito al luogo dai
nativi Quechua (letteralmente “il luogo dove tramonta la luna”).
La
guida, che rivendica orgogliosamente la sua appartenenza al popolo Huarpe, ci
spiega l’origine mesozoica della formazione geologica. Vale a dire che le rocce
hanno assunto la loro forma attuale tra i 200 e i 250 milioni di anni addietro,
quando la Cordigliera delle Ande era ancora in formazione. Torniamo così
all’epoca dei dinosauri, quando i continenti, i mari, i fiumi e le montagne
avevano un assetto completamente diverso.
Intuisco
dai racconti della guida che la questione è scientificamente molto importante,
ma mi limito a cogliere gli aspetti salienti che anche con il mio limitato
livello di conoscenza posso capire. Rimando in data da destinarsi eventuali
approfondimenti.
Proseguendo
lungo il tracciato di fondovalle arriviamo ad un punto che sembra soltanto la
biforcazione del percorso di visita. Non presenta alcun segno particolare. La
guida ci fa fermare, ci prega di disporsi vicini ma non troppo l’uno all’altro
attorno a lui. Poi ci dice che se stiamo tutti zitti ciascuno potrà chiaramente
sentire il rumore del proprio cuore che batte. Ovviamente la prima reazione è
di scetticismo. Invece tutti zitti, tratteniamo il respiro e il bum … bum … bum
mi riempie le orecchie.
La
sensazione è strana, divertente e lì per lì resta una curiosità turistica. La
semplice spiegazione dell’assenza totale di altri rumori non fa scattare subito
la riflessione sulle implicazioni di un fenomeno poco spettacolare, soprattutto
se paragonato al fantastico scenario che ci proiettava in un lontanissimo
momento della storia della terra (vai alla galleria delle immagini).
Ma
già nel viaggio di ritorno, ho cominciato ha domandarmi cosa significa che in
un luogo anche piccolo non c’è, non si produce alcun rumore. Prima cosa vuol
dire che non c’è vento, non c’è mai vento. Il clima non cambia: niente pioggia
o stagioni. Non ci sono né piante né animali che con i loro metabolismi o
movimenti provocherebbero una infinità di rumori magari appena percettibili.
Eppure
l’erosione delle rocce ha avuto luogo per circa 45 milioni di anni. Vento,
fiumi o mari e pioggia hanno costruito e modificato la forma del luogo.
All’epoca molte forme di vita hanno trovato proprio lì il loro habitat. Poi ad
un certo punto le cose sono cambiate. Tutti questi attori, animati e inanimati,
sono progressivamente scomparsi. L’istantanea odierna è il punto terminale
quando la vita ha abbandonato la Valle della Luna.
Tutte le volte che ci ripenso mi fa un certo effetto
l’idea che la vita come arriva, cresce, cambia, così può anche scomparire,
tornare al nulla. Tant’è che il luogo è stato ribattezzato la Valle della
Morte. Mi permetto di osservare che di cadaveri, organismi vegetali o animali
morti a Ischigualasto non ce ne sono. Le spoglie di dinosauri e gli altri
fossili trovati ai margini del parco riguardano la fase mesozoica della
formazione. Dopo la vita ha cominciato a scomparire. E la mancanza di vita non
coincide con la morte che invece rappresenta la fine della vita. Quando la vita
manca, il nulla riempie lo spazio e il tempo.
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