Un viaggio per attraversare il Tamilnadu ovvero lo stato che occupa la parte sud est dell’India, dirimpetto all’isola dello Sri Lanka. Da Chennai a Madurai sono 460 chilometri. In quattro tappe i
tempi degli spostamenti diventano compatibili con le soste, le visite e i
desiderati imprevisti. Se i giorni disponibili fossero stati 13 o 14, sarebbe
stato possibile fare il giro con l’andata lungo la costa ed il ritorno
all’interno o viceversa. Una settimana basta appena per percorrere un
itinerario da nord a sud lungo la costa. Anche se resteranno fuori mete come
Tiruvannamalai, Vellore e Kanchipuram.
L’intenzione iniziale era di stare i primi due giorni a
Chennai, ma un inconveniente dell’ultimo minuto mi ha impedito la visita della
città. Il viaggio è cominciato subito on
the road. Grazie agli accordi in rete per una macchina con autista, abbiamo
incontrato Suresh appena scesi dall’aereo a Chennai e ci siamo avviati lungo la
litoranea. Per la cronaca l’aereo arriva alle 5,00 di mattina, in piena notte.
Una ressa di persone fuori dall’aeroporto, tenute lontano da un cordone di
vigilantes. Quasi miracolosamente è emerso dal buio un prestante giovanotto con
il segno di Shiva sulla fronte, che mostrava un foglio spiegazzato con le foto
mie e di Teresa mandate da me cautelativamente all’agenzia di noleggio proprio
per facilitare il riconoscimento.
1. Chennai – Mamallapuram. Una prima tappa breve di circa 80
km perché ci sono più cose da vedere e, soprattutto, Mamallapuram merita una
sosta prolungata: i suoi complessi monumentali da soli meritano il viaggio (da
raccontare in un post successivo).
Sulla carta l’attrazione in questo primo tratto del viaggio sembrava
essere il centro/museo Dakshina Chitra, che Wikipedia descrive come il
“tentativo di preservare alcuni dei tradizionali modi di vita dell’India
meridionale costruendo un villaggio vivente”. Invece aspettando che aprisse
(vista l’ora di arrivo) ho insisto con Suresh per andare su una delle tante kuppam beach, ovvero le spiagge
antistanti i villaggi o quartieri dei pescatori con tanto di barche, capre,
vacche, corvi e templi: un primo contatto con la vera India stracarica di
contraddizioni e di fascino.
Per la sosta di due notti al termine di questo breve
tragitto ho trovato (dopo numerose ricerche con Google e Google Earth) un
albergo/villaggio direttamente sulla spiaggia. Ricordavo un precedente viaggio
con una passeggiata al chiaro di una luna luminosissima. Ma dopo quarant’anni
le cose non si ripetono: nuvole e foschia hanno coperto il cielo. In compenso
l’accoglienza è stata più che buona. La catena alberghiera dei Tamilnadu Tourism
(un ente governativo) pur essendo orientata ad un proprio target nazionale,
garantisce a prezzi competitivi gli standard internazionali.
2. Mamallapuram – Chidambaram. Il lungo tragitto della
seconda tappa (oltre 230 km) si svolge in una area agricola tutt’altro che
povera. I tanti semplici incontri lungo il percorso mettono insieme studenti
con la divisa della scuola e le capanne di fango e foglie di palma, fornaci di
mattoni sul bordo della strada tra i campi coltivati e incroci congestionati,
dove la densità di veicoli e persone rischia di diventare esplosiva. In
particolare l’area prima e dopo Neyveli con addensamenti improvvisi a carattere
urbano che interrompono il paesaggio agricolo. Se ti fermi a fare due passi o
scattare qualche foto tutti ti sorridono e ringraziano. Se poi ti guardi
intorno e vedi che sei l’unica coppia di turisti, il senso di amichevole
accoglienza è ancora più piacevole.
Una classica delusione la visita al Vedanthangal Bird Sanctuary prevista dal programma di viaggio,
perché la stagione era sbagliata: ad agosto gli uccelli non ci sono e si vede
solo un assolato stagno verde.
Nel pomeriggio la visita al grande Nataraja Temple di
Chidambaram ci ha immerso nella religiosità Hindu (un post a parte va dedicato all’incontro con l’Induismo).
Per arrivare all’albergo prenotato in rete si attraversa una
relativamente piccola bidonville che ti riporta brutalmente davanti alla
disperazione e alla miseria di tantissimi Indiani. Poi dietro l’angolo ritrovi
le tue sicurezze di soggetto iper-privilegiato: l’albergo è perfetto, ben
organizzato, pulito, cortese, ottimo cibo, economicissimo nel rapporto prezzo
qualità (vale la pena di consigliarlo: Gran Palace Stay prenotato con www.agoda.it).
3. Chidambaram – Thanjavur. Una tragitto più breve del
precedente (135 km) e con una maggior numero di soste intermedie. Il paesaggio agricolo
non cambia di molto, ma dopo un paio di giorni ci siamo acclimatati e abbiamo
cominciato a muoverci con maggiore tranquillità.
Oltre a templi più e meno recenti, grandi o frequentati (di
particolare pregio il tempio di Gangai Konda Cholapuram), io ho programmato di
fare una sosta nel villaggio Swamimalai che ha fama di essere centro di
fonderie e lavorazione dei metalli. Suresh ha chiesto informazioni e abbiamo
potuto visitare due botteghe. Ma anche questo ricordo dei lontani viaggi
precedenti è andato deluso. La maestria è rimasta, la pazienza pure. Sono però
scomparsi gli utensili primordiali che mi avevano affascinato nel 1975. Nei
laboratori di lavorazione della pietra visitati due giorni prima a Mamallapuram
la constatazione è stata la stessa: sostituendo la mola manuale ad arco con il
frullino elettrico la fatica è minore, la produttività e la precisione
maggiori, ma il valore dell’oggetto cambia inevitabilmente. Per fortuna ancora
una vera e propria industrializzazione non ha cancellato la artigianalità dei
prodotti.
Anche a Thanjavur mi sono affidato all’albergo del Tamilnadu
Tourism e la struttura ricettiva ha pienamente risposto alle attese. Peccato
che alcuni camerieri e impiegati non gradissero la presenza di estranei per di
più occidentali. Siamo stati oggetto di comportamenti inutilmente maleducati.
Nessun danno.
4. Thanjavur – Madurai. La visita del Maratha Palace e del
tempio a Thanjavur ha richiesto l’intera mattinata. Poi siamo partiti in
direzione sud con destinazione Rock Fort a Thirumayam. Questa volta Suresh non
ha capito l’indicazione e ha confuso Thirumayam con Tiruchirapalli, una città
in pieno sviluppo che sta in una direttrice parallela sempre verso sud.
La strada è diventata a due carreggiate e sei corsie,
seppure gli attraversamenti a raso impediscono di considerarla una autostrada.
Per un lungo tratto ai due lati della superstrada una serie numerosa di
capannoni industriali che odorano di fresco, di ben mantenuto, cose che nelle
città indiane è tutt’altro che frequente.
Purtroppo ho avuto conferma dei miei dubbi circa la strada
scelta da Suresh solo quando era ormai troppo tardi. Anche a Tiruchirapalli c’è
una fortificazione costruita sopra una grande roccia di granito rosso che si
erge sulla brulicante città. Ma l’impatto paesaggistico e l’accuratezza di
costruzione e decorazioni della mia meta originaria promettevano di essere ben
altra cosa. Il caldo era terrificante, il sole a picco ti feriva, meglio
rinunciare ad un surrogato faticoso da visitare (circa 300 gradini) e molto
rimaneggiato nel corso del tempo.
Meglio dirottare verso Srirangam nelle immediate vicinanze
del centro urbano. Come qualche volta avviene negli imprevisti di viaggio, la
soluzione di ripiego si è rivelata eccellente. Il Shri Ranganathar Swamy Temple
non solo è bellissimo, ma nel giorno della nostra visita stava festeggiando non
so quale ricorrenza e i fedeli erano tanti, coloratissimi, sorridenti, a gruppi
uniformi e compositi: uno spettacolo umano di rara intensità che sembra fatto
apposta per essere filmato e fotografato.
Ultimo tratto di strada per arrivare a Madurai (che ancora
una volta merita un post dedicato). Qui l’albergo trovato in rete gestisce le
prenotazioni in proprio. Visitando il sito dell’Hotel Supreme mi hanno colpito
le immagini del ristorante all’aperto sulla terrazza di copertura al settimo
piano. Le case intorno sono più basse e le gopura
del Meenakshi Amman Temple dominano la città e l’orizzonte. Soddisfattissimo
anche questa volta dell’accoglienza, dei servizi, del rapporto qualità prezzo,
nonché della vista notturna dalla terrazza.
Siamo rimasti due giorni per visitare la città e i
dintorni. Poi ci siamo avviati sulla strada del ritorno con gli occhi pieni di
volti, immagini, colori, oggetti, usanze, paesaggi, architetture, tessuti,
fiori e tanto altro, ma anche con la consapevolezza di avere visto solo la
minima parte di quello che merita di essere visto e vissuto in India. Non resta che
tornare.
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