Dopo le lungaggini del controllo passaporti e del recupero
valigie, siamo arrivati alla casa prenotata da Roma tramite internet alle
23,30. I proprietari erano già a letto. Di campanelli o altre modalità di
comunicazione neanche a parlarne. Fortunatamente il giovane intermediario
turistico, Hanser, ci ha accolto all'aeroporto e ci ha fatto da guida sin
dentro la casa. Siamo saliti con lui e con il tassista suo amico. Dalla strada
entriamo in un lungo corridoio malmesso. Alla fine del corridoio, una sorta di
androne interno, con tanto di colonna blu al centro e un trompe-l'œil sulla parete raffigurante i mogotes di Viñales: grandi rocce a forma
di panettone, coperte di vegetazione, alte tra i 150 e i 250 metri che emergono
da un terreno pianeggiante.
Fortunatamente c'è l'ascensore e saliamo al terzo piano.
Primo cancelletto in ferro sul pianerottolo, dietro al quale inizia un
passaggio abbastanza stretto tra un muro a destra e a sinistra degli strani brise soleil in legno intervallati
da pezzi di muro e aperture senza niente. Qualche brise soleil sta anche in alto nel muro di
destra. Più o meno a metà del passaggio nuovo cancelletto in ferro davanti a
una porta in alluminio con vetri decorati non trasparenti: la porta di casa.
Entriamo. L'ambiente che ci accoglie è spazioso, chiaro,
pitturato di fresco: divano e due poltrone in legno massiccio ricoperti in un
velluto marrone ancora in buono stato, tavolino basso e tavolo da pranzo con
piano in cristallo, quattro seggiole sempre in legno massiccio. Sui tavoli due
oggetti decorativi (rami aggrovigliati lucidati con copale scura, quasi
sicuramente raccolti durante una passeggiata al mare o in campagna) che
impediscono qualunque uso dei tavoli stessi. Sulla parete di fondo una grande
tenda in tinta con il salotto copre una grande finestra scorrevole a due ante.
Ci affacciamo in camera da letto e appaiono da dietro, in
evidente affanno, i padroni di casa. Abitando al piano di sotto, hanno fatto a
tempo a rivestirsi dopo la telefonata di Hanser. Lui, Lima, un omone di tutto
rispetto con i suoi 74 anni, carnagione chiara, capelli bianchi, barba corta e
una gran voglia di parlare. Resta deluso perché si era preparato una serie di
frasi in inglese mentre io l'ho pregato di parlare in spagnolo (notoriamente la
lingua nazionale di Cuba). Lei non si presenta, resta nell'ombra del marito.
Bassina, capelli brizzolati molto corti, sorriso mite sulla sessantina.
Riprendiamo l'ispezione o, se si preferisce, la presa di
possesso della casa. Il grande letto lascia intorno lo spazio per muoversi. Due
comodini, sempre in legno massiccio, e due scendiletto. Una porta del muro ai
piedi del letto cela una sorta di cabina armadio con tanto di cassaforte.
Dietro la testa del letto una finestra identica alla precedente di fatto inaccessibile e inutilizzabile. Fortunatamente a fianco un condizionatore un po’ rumoroso ma efficace. Il bagno rifatto da poco, pulito, con tanto di bidè.
I nostri ospiti garantiscono che nella doccia arriva l'acqua
calda dallo scaldabagno a gas che sta in cucina (soggiorno al centro con la
porta di ingresso, camera da letto e bagno a destra, cucina a sinistra). In
effetti per qualche doccia un po' di acqua tiepida è arrivata, ma altrettante
volte abbiamo scaldato l'acqua in una pentola sul fornello.
In cucina il microonde, una pentola con resistenza elettrica
dove i Cubani cucinano l'intera cena, qualche piatto, bicchiere e posata
raccolto in una vaschetta di plastica. Mancano pentole e padelle da usare con i
fornelli che pure ci sono. Manca un coltello da cucina che tagli sul serio e il
relativo tagliere.
L’amore con cui guardano, descrivono e offrono la loro casa va molto oltre il rapporto commerciale con un turista, o con una ospitalità offerta con generosità. C’è l’orgoglio di possedere qualcosa di solido, qualcosa che Europei e Canadesi
Alcune cose non quadrano, ma l'ora tarda, la mancanza di
alternative e la piacevole accoglienza di Hanser, del tassista, di Lima e
signora hanno di fatto rimandato tutti i problemi ai giorni successivi. Basta
scendere un piano per integrare la dotazione e rendere possibile prepararsi
pranzo e cena. Non tutte le richieste sono soddisfatte, in compenso ho progressivamente
saputo tutto (con tanto di esibizione delle bende ancora utilizzate sotto
maglietta e pantaloni) sulle 7 operazioni sopportate da Lima per una infezione
intestinale, almeno così dice lui.
Siamo rimasti a Galiano cinque notti e lì abbiamo imparato come
adattarci e difenderci dalla Cuba dei Cubani. A Cuba non funziona niente, ma
tutto funziona quel tanto che basta per sopravvivere, quel tanto che basta a
non arrabbiarsi e mandare tutto a carte quarantotto.
La cosa più eclatante, per me, sono le finestre della casa
di Galiano. Ripeto sono belle grandi, sembrano in buono stato, ma non servono a
quello che dovrebbero servire. Il vetro stampato non permette di vedere le
costruzioni circostanti. Il combinato disposto tra le ante scorrevoli e una
tenda oscurante bloccata al centro ne impedisce l'apertura. Si riesce solo a
scostare tenda e anta di una trentina di centimetri: una feritoia insufficiente
per affacciarsi davvero. L'unico modo per avere un riscontro d'aria
(assolutamente vitale in un clima caldo e umido come quello di La Habana) è di
aprire la feritoia e spalancare la porta di ingresso lasciando che dal
passaggio tutti, o meglio gli inquilini della casa accanto, possano guardarti
dentro il soggiorno mentre distrattamente esci in mutande dalla camera da
letto.
Per avere un contatto con l’esterno non resta che la
feritoia concessa da anta scorrevole e tenda bloccata. Mi affaccio per vedere
uno scampolo di cielo tropicale e scopro una piccola realtà nascosta. Sotto la
mia finestra, un cortile che davanti e a sinistra si ferma un piano sotto al
mio, mentre a destra raggiunge e in parte supera il terzo piano. Nel muro di
sinistra in alto ci sono aperture irregolari nelle quali appaiono di tanto in
tanto una donna che lava e stende il bucato, oppure un uomo intento a sistemare
i grandi serbatoi dell’acqua appoggiati sui terrazzi di copertura.
Al piano di
sotto invece un ballatoio esposto alle piogge tropicali quotidiane corre torno
torno al cortile. Sul ballatoio aprono grandi porte finestre, due sul lato
destro, tre sul davanti e una sul sinistro. Le due a sinistra sono sempre
aperte. Si vedono mattonelle colorate e qualche pianta. Cosa succeda dentro non
lo capisco, presumibilmente funzionano da ingresso attraversato per uscire di
casa, oppure aperto agli eventuali visitatori. Delle tre di fronte la prima a
sinistra sta sempre chiusa. Quella al centro si apre e si chiude al passaggio
di una signora anziana, magra, con camicioni e vestaglie di colori chiarissimi,
che procede piano insicura e guardinga per entrare nella finestra a destra.
Questa funziona da accesso alla cucina e al bagno che però non si vedono.
La
cosa più interessante è la terza porta a sinistra, quasi sempre aperta. Dentro
dall'alto si vedono due letti appoggiati alla parete di fondo, più un terzo che
si intravede nell'angolo a destra della portafinestra. Sono coperti dalla
parete esterna e quindi non si vedono, ma fianco alla porta finestra ci sono un
ventilatore e un televisore di dimensioni consistenti, ambedue puntati verso i
letti. Le persone entrano e escono secondo i ritmi della giornata. Un anziano
signore con capelli corti quasi bianchi che risaltano sulla pelle color bronzo
sembra in totale sintonia con la casa. Solita magrezza e movimenti eleganti.
Passa un sacco di tempo seduto ai piedi del primo letto, dove mangia, beve e
guarda la televisione. Quando si alza il più delle volte va in cucina o in
bagno. Non esce di casa praticamente mai, come pure l’anziana signora. Vicino a
lui appare e scompare una giovane donna, fiera della sua femminilità, in
camicia da notte appena alzata, con l'asciugamano in testa per i capelli appena
lavati, vestita per uscire, con il piatto unico della cena che esce dalla
cucina, sdraiata sul letto anche lei per guardare la televisione insieme al
signore anziano. Durante il giorno la giovane donna non si vede,
presumibilmente lavora. I due anziani si muovono avanti e in dietro sempre con
calma. Scambiano poche parole quando si incrociano nel ballatoio. Lui passa il
tempo a tenere in ordine la casa, con una cura affettuosa e una precisione
estranea al cortile infossato, ai muri consumati, al distacco di acque e luce,
a una Habana cadente. Tutte le mattine il signore anziano sistema il letto a
regola d'arte con un infinito numero di passaggi a destra e sinistra, in alto e
in basso per tendere il lenzuolo, regolare la rovescina, sistemare i cuscini.
Nessuno dei tre abitanti della casa sul ballatoio alza mai lo sguardo. Non
credo che mi vedano o che siano interessati a sapere se qualcuno dei piani alti
rivolge lo sguardo verso il basso. Il sole non entra mai nel cortile e il cielo
forse è troppo lontano.
Io invece ho sempre bisogno di vedere il cielo. Sporgendosi dalla stretta apertura consentita da finestra e tenda, debbo scavalcare con lo sguardo le terrazze e le superfetazioni che dominano il retro del palazzo e sovrastano il cortile con ballatoio. Alla fine appare l’azzurro intenso del cielo caraibico che si mette subito in mostra. Si fa notare perché le nubi in alto, in secondo piano, sembrano stare ferme, mentre quale in basso, in primo piano si muovono molto rapidamente da est a ovest. Anche una nuvola, vista da qui, sembra una cosa diversa.
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