La chiavi di lettura di un viaggio o di una realtà rischiano sempre di polarizzare troppo l’attenzione. Tante cose restano defilate o nascoste. Ma quello che resta alla luce acquista spessore, sfumature, organicità (per lo meno nelle intenzioni di chi scrive).
Il fiore di loto nello Sri Lanka lo vedi in tutti gli stagni, sulle bancarelle all’entrata dei templi, dentro i templi per le persone che pregano, sulle pareti e sui soffitti come motivo decorativo, nelle posizione del Budda che medita e altro ancora.
Nella sua semplicità ovviamente il fiore è bellissimo. Poi ha una struttura geometrica che la tradizione indiana e cingalese ha tradotto da tempo immemorabile in un sistema con base quadrata, simmetrico rispetto sia agli assi sia alle diagonali. La simmetria a raggiera raccorda il quadrato con il cerchio a volte inscritto a volte circoscritto: ovvero dal fiore una geometria.
Pregare offrendo fiori sbocciati fa parte della ritualità orientale, mentre in occidente il ruolo degli stessi fiori rimane confinato alla decorazione dello spazio liturgico. Il fedele che offre loti alla divinità che sta meditando nelle posizione del loto esprime una dolcezza che va oltre la religione.
Non basta. Gli alberi della foresta pluviale dominano l’intero paesaggio delle Sri Lanka e proteggono gli stagni “infestati” dai fiori di loto. Non servono coltivazioni, tecniche o altre contaminazioni della natura. Tutto l’anno i fiori si lasciano raccogliere e sanno ispirare l’immaginazione e l’animo dei Cingalesi.