mercoledì 9 dicembre 2015

Galiano - Casa particulare, La Habana, Cuba, 2015

Dopo le lungaggini del controllo passaporti e del recupero valigie, siamo arrivati alla casa prenotata da Roma tramite internet alle 23,30. I proprietari erano già a letto. Di campanelli o altre modalità di comunicazione neanche a parlarne. Fortunatamente il giovane intermediario turistico, Hanser, ci ha accolto all'aeroporto e ci ha fatto da guida sin dentro la casa. Siamo saliti con lui e con il tassista suo amico. Dalla strada entriamo in un lungo corridoio malmesso. Alla fine del corridoio, una sorta di androne interno, con tanto di colonna blu al centro e un trompe-l'œil sulla parete raffigurante i mogotes di Viñales: grandi rocce a forma di panettone, coperte di vegetazione, alte tra i 150 e i 250 metri che emergono da un terreno pianeggiante.
Fortunatamente c'è l'ascensore e saliamo al terzo piano. Primo cancelletto in ferro sul pianerottolo, dietro al quale inizia un passaggio abbastanza stretto tra un muro a destra e a sinistra degli strani brise soleil in legno intervallati da pezzi di muro e aperture senza niente. Qualche brise soleil sta anche in alto nel muro di destra. Più o meno a metà del passaggio nuovo cancelletto in ferro davanti a una porta in alluminio con vetri decorati non trasparenti: la porta di casa.
Entriamo. L'ambiente che ci accoglie è spazioso, chiaro, pitturato di fresco: divano e due poltrone in legno massiccio ricoperti in un velluto marrone ancora in buono stato, tavolino basso e tavolo da pranzo con piano in cristallo, quattro seggiole sempre in legno massiccio. Sui tavoli due oggetti decorativi (rami aggrovigliati lucidati con copale scura, quasi sicuramente raccolti durante una passeggiata al mare o in campagna) che impediscono qualunque uso dei tavoli stessi. Sulla parete di fondo una grande tenda in tinta con il salotto copre una grande finestra scorrevole a due ante.
Ci affacciamo in camera da letto e appaiono da dietro, in evidente affanno, i padroni di casa. Abitando al piano di sotto, hanno fatto a tempo a rivestirsi dopo la telefonata di Hanser. Lui, Lima, un omone di tutto rispetto con i suoi 74 anni, carnagione chiara, capelli bianchi, barba corta e una gran voglia di parlare. Resta deluso perché si era preparato una serie di frasi in inglese mentre io l'ho pregato di parlare in spagnolo (notoriamente la lingua nazionale di Cuba). Lei non si presenta, resta nell'ombra del marito. Bassina, capelli brizzolati molto corti, sorriso mite sulla sessantina.
Riprendiamo l'ispezione o, se si preferisce, la presa di possesso della casa. Il grande letto lascia intorno lo spazio per muoversi. Due comodini, sempre in legno massiccio, e due scendiletto. Una porta del muro ai piedi del letto cela una sorta di cabina armadio con tanto di cassaforte. Dietro la testa del letto una finestra identica alla precedente di fatto inaccessibile e inutilizzabile. Fortunatamente a fianco un condizionatore un po’ rumoroso ma efficace. Il bagno rifatto da poco, pulito, con tanto di bidè.
I nostri ospiti garantiscono che nella doccia arriva l'acqua calda dallo scaldabagno a gas che sta in cucina (soggiorno al centro con la porta di ingresso, camera da letto e bagno a destra, cucina a sinistra). In effetti per qualche doccia un po' di acqua tiepida è arrivata, ma altrettante volte abbiamo scaldato l'acqua in una pentola sul fornello.
In cucina il microonde, una pentola con resistenza elettrica dove i Cubani cucinano l'intera cena, qualche piatto, bicchiere e posata raccolto in una vaschetta di plastica. Mancano pentole e padelle da usare con i fornelli che pure ci sono. Manca un coltello da cucina che tagli sul serio e il relativo tagliere.
L’amore con cui guardano, descrivono e offrono la loro casa va molto oltre il rapporto commerciale con un turista, o con una ospitalità offerta con generosità. C’è l’orgoglio di possedere qualcosa di solido, qualcosa che Europei e Canadesi
Alcune cose non quadrano, ma l'ora tarda, la mancanza di alternative e la piacevole accoglienza di Hanser, del tassista, di Lima e signora hanno di fatto rimandato tutti i problemi ai giorni successivi. Basta scendere un piano per integrare la dotazione e rendere possibile prepararsi pranzo e cena. Non tutte le richieste sono soddisfatte, in compenso ho progressivamente saputo tutto (con tanto di esibizione delle bende ancora utilizzate sotto maglietta e pantaloni) sulle 7 operazioni sopportate da Lima per una infezione intestinale, almeno così dice lui.
Siamo rimasti a Galiano cinque notti e lì abbiamo imparato come adattarci e difenderci dalla Cuba dei Cubani. A Cuba non funziona niente, ma tutto funziona quel tanto che basta per sopravvivere, quel tanto che basta a non arrabbiarsi e mandare tutto a carte quarantotto.
La cosa più eclatante, per me, sono le finestre della casa di Galiano. Ripeto sono belle grandi, sembrano in buono stato, ma non servono a quello che dovrebbero servire. Il vetro stampato non permette di vedere le costruzioni circostanti. Il combinato disposto tra le ante scorrevoli e una tenda oscurante bloccata al centro ne impedisce l'apertura. Si riesce solo a scostare tenda e anta di una trentina di centimetri: una feritoia insufficiente per affacciarsi davvero. L'unico modo per avere un riscontro d'aria (assolutamente vitale in un clima caldo e umido come quello di La Habana) è di aprire la feritoia e spalancare la porta di ingresso lasciando che dal passaggio tutti, o meglio gli inquilini della casa accanto, possano guardarti dentro il soggiorno mentre distrattamente esci in mutande dalla camera da letto.


Per avere un contatto con l’esterno non resta che la feritoia concessa da anta scorrevole e tenda bloccata. Mi affaccio per vedere uno scampolo di cielo tropicale e scopro una piccola realtà nascosta. Sotto la mia finestra, un cortile che davanti e a sinistra si ferma un piano sotto al mio, mentre a destra raggiunge e in parte supera il terzo piano. Nel muro di sinistra in alto ci sono aperture irregolari nelle quali appaiono di tanto in tanto una donna che lava e stende il bucato, oppure un uomo intento a sistemare i grandi serbatoi dell’acqua appoggiati sui terrazzi di copertura.
Al piano di sotto invece un ballatoio esposto alle piogge tropicali quotidiane corre torno torno al cortile. Sul ballatoio aprono grandi porte finestre, due sul lato destro, tre sul davanti e una sul sinistro. Le due a sinistra sono sempre aperte. Si vedono mattonelle colorate e qualche pianta. Cosa succeda dentro non lo capisco, presumibilmente funzionano da ingresso attraversato per uscire di casa, oppure aperto agli eventuali visitatori. Delle tre di fronte la prima a sinistra sta sempre chiusa. Quella al centro si apre e si chiude al passaggio di una signora anziana, magra, con camicioni e vestaglie di colori chiarissimi, che procede piano insicura e guardinga per entrare nella finestra a destra. Questa funziona da accesso alla cucina e al bagno che però non si vedono.
La cosa più interessante è la terza porta a sinistra, quasi sempre aperta. Dentro dall'alto si vedono due letti appoggiati alla parete di fondo, più un terzo che si intravede nell'angolo a destra della portafinestra. Sono coperti dalla parete esterna e quindi non si vedono, ma fianco alla porta finestra ci sono un ventilatore e un televisore di dimensioni consistenti, ambedue puntati verso i letti. Le persone entrano e escono secondo i ritmi della giornata. Un anziano signore con capelli corti quasi bianchi che risaltano sulla pelle color bronzo sembra in totale sintonia con la casa. Solita magrezza e movimenti eleganti. Passa un sacco di tempo seduto ai piedi del primo letto, dove mangia, beve e guarda la televisione. Quando si alza il più delle volte va in cucina o in bagno. Non esce di casa praticamente mai, come pure l’anziana signora. Vicino a lui appare e scompare una giovane donna, fiera della sua femminilità, in camicia da notte appena alzata, con l'asciugamano in testa per i capelli appena lavati, vestita per uscire, con il piatto unico della cena che esce dalla cucina, sdraiata sul letto anche lei per guardare la televisione insieme al signore anziano. Durante il giorno la giovane donna non si vede, presumibilmente lavora. I due anziani si muovono avanti e in dietro sempre con calma. Scambiano poche parole quando si incrociano nel ballatoio. Lui passa il tempo a tenere in ordine la casa, con una cura affettuosa e una precisione estranea al cortile infossato, ai muri consumati, al distacco di acque e luce, a una Habana cadente. Tutte le mattine il signore anziano sistema il letto a regola d'arte con un infinito numero di passaggi a destra e sinistra, in alto e in basso per tendere il lenzuolo, regolare la rovescina, sistemare i cuscini. Nessuno dei tre abitanti della casa sul ballatoio alza mai lo sguardo. Non credo che mi vedano o che siano interessati a sapere se qualcuno dei piani alti rivolge lo sguardo verso il basso. Il sole non entra mai nel cortile e il cielo forse è troppo lontano.
Io invece ho sempre bisogno di vedere il cielo. Sporgendosi dalla stretta apertura consentita da finestra e tenda, debbo scavalcare con lo sguardo le terrazze e le superfetazioni che dominano il retro del palazzo e sovrastano il cortile con ballatoio. Alla fine appare l’azzurro intenso del cielo caraibico che si mette subito in mostra. Si fa notare perché le nubi in alto, in secondo piano, sembrano stare ferme, mentre quale in basso, in primo piano si muovono molto rapidamente da est a ovest. Anche una nuvola, vista da qui, sembra una cosa diversa.